Liberazione e servizio sanitario: la sicurezza innanzitutto

L’avventura di Americo Zugaro al Gran Premio Liberazione ha radici antiche, risalendo al 1996: da allora non ha saltato un’edizione, curando con grande attenzione tutto quel che riguarda l’aspetto sanitario della classica romana del 25 aprile. Ma i suoi ricordi sono lì, vividi più che mai. «La mia attività in società ciclistica in Abruzzo mi portò un giorno a Roma dove conobbi Eugenio Bomboni che organizzava una gara per giovanissimi alla quale partecipavamo. Io nel ciclismo facevo un po’ di tutto, dalla macchina apripista allo speaker, ma lavoravo come medico e “il generale”, come l’ho sempre chiamato, appena saputolo mi affidò la cura del servizio sanitario del Liberazione. Non ci siamo più persi di vista».

Zugaro negli anni ha acquisito una grande esperienza in un settore delicatissimo: «Senza di noi la gara non può partire: una volta al Giro delle Regioni (la prova a tappe che si disputava immediatamente dopo il Liberazione, ndr) quelli dell’ambulanza si svegliarono molto tardi e arrivarono con ritardo alla partenza, che “per colpa loro” era stata posticipata di oltre un’ora».

Un episodio che al Liberazione non si è mai verificato né “deve” verificarsi: «Io devo sempre fare in modo che gli interventi siano il più tempestivi possibile. Siamo strutturati attraverso un’ambulanza ferma nella zona di arrivo, una nella zona opposta del circuito e un’auto medical al seguito. Ogni mezzo ha almeno due infermieri, con il medico sull’auto e soprattutto ogni mezzo è in possesso del defibrillatore. La macchina è collegata con il direttore di corsa, per intervenire subito in caso di incidenti».

E di incidenti al Liberazione ce ne sono stati: «Direi che ogni anno c’è qualche caduta e spesso abbiamo a che fare con qualche clavicola fratturata e corridori da portare in ospedale. Ricordo un anno quando era in gara Collinelli, era appena reduce dalla conquista dell’oro olimpico di Atlanta ’96, al secondo giro ci chiamarono, c’era stata una caduta al curvone subito dopo il rettilineo d’arrivo e la vittima era proprio lui: era la stella di quell’edizione, mi dispiacque tantissimo».

Gli anni sono passati e il Liberazione ha cambiato mano alla sua guida, ma il rimpianto per Bomboni resta: «Devo dire che nello staff al fianco di Terenzi c’è grande professionalità e la gara non poteva finire in mani migliori. D’altronde di reduci dalla precedente gestione siamo in tanti e sappiamo tutti che cosa fare. E’ una macchina che va avanti da sé, questa è la gran forza del Gran Premio».