L'altra metà della corsa di Caracalla: breve storia del Liberazione femminile

Il Gran Premio Liberazione, non c'è più bisogno di ripeterlo, è il "Mondiale di Primavera" degli uomini Under 23. Ma è doveroso ricordare che da qualche anno c'è anche la gara femminile. E non di categorie under, bensì Elite. Certo, è una classe 1.2: vuol dire che non partecipano squadre del World Tour. L'appassionato di ciclismo però conosce meglio di chiunque altro il valore di queste corse, terreno di caccia spesso di atlete emergenti o di profili di caratura comunque internazionale.
A partire dalla prima bi-vincitrice. Le due edizioni inaugurali del Liberazione femminile, nel 2016 e nel 2017, le ha conquistate nientemeno che Marta Bastianelli. Ex campionessa del mondo, Marta è originaria dei castelli romani: la corsa del 25 aprile è quasi un affare casalingo e lei è stata in grado di vincerla sia in volata di gruppo che ristretta.
Anche nel 2018 l'esito è stato frutto di uno sprint di poche atlete: erano in cinque a contendersi il traguardo di Caracalla quando Letizia Paternoster ha ottenuto il suo primo successo su strada, mettendo la propria ruota davanti a quella di Maria Giulia Confalonieri.
Trait d'union tra il podio di allora e quello dell'anno scorso, alla ripresa del Liberazione donne post-pandemica la Confalonieri è giunta terza dietro al duo orobico della "fu" Valcar: le amiche del cuore Silvia Persico e Chiara Consonni.
La Persico è dunque la campionessa in carica. Sicuramente vedremo una nuova vincitrice quest'anno, dato che lei è approdata nella massima categoria con la UAE e non può contemplare il Liberazione nel suo calendario. Sarà l'occasione per vedere all'opera nuovi astri nascenti. Per Silvia vincere a Roma l'ha sbloccata: dopodiché ha fatto podio di tappa al Tour de France e ai Mondiali in Australia. Chissà se sarà così pure per la prossima trionfatrice. E chissà se continuerà il dominio delle italiane nell'albo d'oro.