Terenzi e il Liberazione, un grande “work in progress”

Il viaggio è iniziato lo scorso anno, attraverso un’edizione allestita in tempi strettissimi e sotto la mannaia della pandemia che nella scorsa primavera era ancora più implacabile di oggi perché la campagna vaccinale era ancora agli inizi. Eppure il Liberazione tornò nel calendario, tornò a far presa sugli appassionati riannodando un filo che sembrava inesorabilmente spezzato.

La storia del dirigente romano è strettamente legata a quella dell’evento. Affonda addirittura agli anni della sua giovinezza: “Il mio primo ricordo risale al 1977, quando mio padre mi portò a vedere, io ancora bambino – quest’evento popolato di maglie colorate e di lingue tutte diverse parlate da corridori che arrivavano da ogni parte del mondo. Il secondo è del 1985 e quell’anno ero anch’io protagonista nel mio piccolo, in gara per aiutare Luigi Orlandi, che alla fine perse di pochissimo da parte di un certo Gianni Bugno. Per questo ho pensato proprio al bicampione del mondo come testimonial della prima edizione, trovando in lui il massimo della disponibilità”.
Il Liberazione aveva cessato di esistere nel 2018, soffocato dai debiti della precedente gestione.

Dopo lo stop dell’anno successivo, nel 2020 ogni attività sportiva era stata cancellata in primavera dallo scoppio della pandemia, quindi ripartire è stato davvero difficile, ma la volontà di rilanciare il Liberazione in Terenzi allignava da molto più tempo: “Ci avevamo cominciato a pensare nel 2014, contattammo la precedente gestione della Primavera Ciclistica nella quale ormai era subentrato allo storico organizzatore Eugenio Bomboni, Andrea Novelli. Non c’era però modo di trovare un accordo, perché l’acquisizione dei diritti significava che dovevamo accollarci un debito insostenibile. Il problema della precedente gestione è che erano ancora ai sostegni pubblici, che sono sempre incerti sia nella loro effettiva erogazione che nei tempi. Noi siamo partiti dall’esperienza delle Granfondo, dove la prima necessità è il reperimento dei fondi da parte di sponsor e da lì ci siamo mossi e ci stiamo muovendo”.

Su questo concetto si fonda tutto il “nuovo” Gran Premio Liberazione, ma chiaramente bisogna riconquistare spazi perduti: “Devi essere forte di tuo. Molti fornitori di servizi erano scottati dalle precedenti esperienze e non si fidavano, volevano essere pagati in anticipo. La prima edizione da noi allestita è stata molto complicata da questo punto di vista, ma molti hanno già potuto verificare la nostra serietà e competenza e stiamo ora viaggiando molto più veloci, sulle ali di una ritrovata fiducia. L’immagine del Liberazione è cambiata, siamo stati ricoperti di complimenti sinceri, abbiamo una sede dove ogni giorno ci sono persone che lavorano all’evento e il da fare è davvero tantissimo, tanto che ci si spaventerebbe all’inizio se non fossimo tutti caricati dalla passione. Le richieste di partecipazione sono già tantissime, ben oltre le possibilità di accettazione. Possiamo dire che la gara già cammina da sola…”.

Questo non significa che tutto sia già risolto, c’è ancora tanto da fare: “Intanto c’è un rapporto con il Comune di Roma, appena cambiato nella sua gestione, che è tutto da costruire, poi dobbiamo continuare sulla via maestra di reperire fondi, convincere grandi aziende a investire su di noi convincendole del ritorno che avranno in termini d’immagine ma anche del contributo che daranno alla città. La Federazione ci sta sostenendo attivamente, ho già avuto assicurazione dal cittì della nazionale di ciclocross Daniele Pontoni che porterà la sua squadra a correre sulle nostre strade. Il Liberazione deve tornare a essere anche un riferimento per tutto il mondo ciclistico romano e regionale, ce n’è bisogno”.

Il detto “Nemo propheta in patria” vale anche nel ciclismo. La ricerca di sponsor finora ha trovato spazi più lontano dai confini regionali: “Abbiamo avuto un grande sostegno dalla Coati Spa, una grande azienda di produzione di salumi di Valpolicella, ma la nostra ambizione è “sfondare” la diffidenza delle grandi aziende romane. Vorremmo ad esempio che il principale quotidiano sportivo della Capitale, il Corriere dello Sport-Stadio facesse suo il Gran Premio, non solo seguendolo con qualche articolo, ma promuovendolo nella veste più ampia. Sono sogni che solo il tempo dirà se potranno essere realizzati ma noi ci proviamo”.